"Rischio estinzione entro il 2100"
La specie, che abita 54 colonie in Antartide, sarà costretta a migrare per trovare nuovi luoghi in cui riprodursi e cacciare. Ma questo non lo salverà, secondo uno studio pubblicato su Biological Conservation, dal 2046 il declino potrebbe portare alla sparizione fino al 99% entro la fine del secolo
Il pinguino imperatore deve essere protetto, altrimenti entro la fine di questo secolo potrebbe estinguersi. L'esponente più grande nella famiglia dei pinguini non sarà in grado di affrontare i cambiamenti climatici (primo fra tutti, il riscaldamento globale) che, nei prossimi decenni, modificheranno il suo habitat. Sulla base di un nuovo studio, pubblicato su Biological Conservation, la Woods Hole Oceanographic Institution, un ente privato di ricerca americano, ne chiede l'inserimento nella lista delle specie minacciate.
·MIGRARE NON BASTERA'
I pinguini imperatore dovranno spostarsi sempre più nei prossimi decenni. La nuova ricerca presentata dal Whoi descrive uno scenario dai toni cupi, se non catastrofici. Analizzando i dati storici e i modelli climatici è emerso come entro la fine del secolo le colonie potrebbero ridursi del 40 per cento, in quello che sembra essere il migliore dei casi. Ma c'è il 42 per cento di probabilità che la riduzione superi il 90 per cento, fino al 99. È lo scenario più nero, quello dell'estinzione.
Il team, guidato dalla biologa Stéphanie Jenouvrier e composto da scienziati di diversi istituti di ricerca francesi, ha compilato quella che sembra essere una “lunga marcia” verso il baratro. Fino al 2036 la popolazione dovrebbe mantenersi stabile, una specie di canto del cigno e poi il declino: "Dopo quell'anno abbiamo notato un 'salvataggio ecologico' che addirittura potrebbe invertire la tendenza – spiega Jenouvrier – uno scenario che non prevede la dispersione per un decennio". Questo perché i pinguini si saranno spostati per trovare nuovi e migliori luoghi in cui sistemarsi, ma si tratta di un breve passaggio: "In tutti gli scenari che abbiamo analizzato, la situazione si fa seria dopo il 2046 fino al 2100, non importa quanto lontano abbiano viaggiato o con quanta cura abbiano selezionato il loro habitat".
Seguire e mappare i pinguini imperatore inoltre è molto complesso, soprattutto per le condizioni estreme in cui vivono. Secondo i ricercatori sono 54 le colonie sparse vicino alle coste antartiche, luoghi in cui la famiglia può sistemare il proprio nido e i genitori procacciare il cibo per il piccolo in mare. Da satellite nel 2009 si è arrivati a contarne attorno ai 600.000 esemplari. Come per altre specie, la variabile che influenza di più la loro sopravvivenza è l'estensione del ghiaccio. Sia che si estenda, sia che diminuisca, per questo sono considerati una specie molto sensibile ai cambiamenti climatici.
·UN EQUILIBRIO DELICATO
Già uno studio del 2001, pubblicato su Nature, aveva evidenziato come nel giro di 50 anni la popolazione di pinguini imperatore di Adelia si fosse dimezzata a causa dell'innalzamento delle temperature e della conseguente riduzione del ghiaccio marino. Poco ghiaccio riduce infatti la disponibilità di luoghi per l'accoppiamento e le colonie. Ma la stessa ricerca sottolineava anche che quando il ghiaccio si estende, soprattutto in inverno, gli adulti devono compiere viaggi più lunghi per cacciare (la loro dieta è fatta soprattutto di gamberetti e calamari) tuffandosi nell'oceano. Risultato: meno cibo per i piccoli e minore schiusa delle uova.
Il pinguino imperatore non figura ancora nella lista delle specie a rischio dell'Unione internazionale per la conservazione della Natura (Iucn), ma è ancora considerato vicino alla minaccia. Di nuovo, dopo l'allarme lanciato già nel 2012, l'appello, lanciato dalla Woods hole oceanographic Institution chiede anche che venga al più presto protetto dal Endangered Species Act, il documento del governo degli Stati Uniti che garantisce la salvaguardia di 2.270 specie di animali e del loro habitat, sia all'interno che fuori dal territorio statunitense. repubblica.it di MATTEO MARINI