Frank Miller è uno che ha sempre puntato più sull’impatto che sull’accuratezza – stilistica o anatomica – dei propri disegni, fedele alla linea dettata soprattutto da Jack Kirby dagli anni Sessanta in poi. Le sue tavole sono tutt’altro che descrittive. Piuttosto, raccontano, trasmettono sensazioni o emozioni, cogliendo la vera essenza del fumetto. Questo grazie al suo segno fortemente espressionista, ma anche alla avvedutezza nell’implementare nel fumetto una regia più cinematografica, che l’ha portato a studiare in modo minuzioso la composizione delle pagine.
Per qualità del disegno, impatto della scena o costruzione del layout, ci sono molte pagine dei suoi fumetti che nel corso degli anni si sono impresse in modo indelebile nella memoria degli appassionati. Difficile sceglierne solo una manciata, ma alla fine ce l’abbiamo fatta e ne abbiamo selezionate 14 – presentate in ordine cronologico –, a nostro parere le più indicate per celebrare la vita e la carriera del quasi sessantenne Miller.
Daredevil #181
L’apice del ciclo di Miller su Daredevilè in questa tavola, con il personaggio di Elektra da lui creato e che qui viene ucciso con un effetto grafico – il sai della stessa ninja che ne trafigge il torace – realisticamente imperfetto, ma in grado di restituire la tragicità del momento. E poi la costruzione della tavola, che ferma il momento dell’uccisione per un tempo illimitato, prima di offrire un insieme di vignette più piccole in cui il tempo è dilatato e accelerato a piacimento e che comunica la disperazione di un personaggio che sa di non poter scampare più alla morte, ma che vuole a tutti i costi perseguire il proprio amore per completare il connubio tra eros e thanatos tanto caro alla tragedia greca (ambito da cui d’altronde proviene la stessa Elektra).
Daredevil #191
Per concludere il proprio primo ciclo di storie di Devil, Miller propose una storia che mostrava un singolare “ultimo confronto” tra il protagonista e la sua nemesi Bullseye, paralizzato a letto dopo un duro scontro fisico. Usando come tema narrativo quello della roulette russa, la storia si apriva con una pagina che mostrava alcuni elementi cari allo scrittore, come il singolo disegno ripartito in più vignette per cadenzare lo scorrere del tempo nella fascia superiore e il netto contrasto tra bianco e nero in quella inferiore, che offre oltretutto un mini-cliffhanger finale. In mezzo, un altro esempio di come la composizione scenica fosse più importante del realismo anatomico, con un braccio che sbuca da chissà dove.
Ronin #1
Con Ronin, Miller poté realizzare una storia di samurai come quelle che aveva imparato ad apprezzare studiando il Lone Wolf and Cub di Kazuo Koike e Goseki Kojima, infilandoci dentro molto fumetto fantastico europeo, a partire da Moebius, la cui influenza si fa sentire molto nel tratto. La composizione, invece, presenta forti echi dell’opera di Sergio Toppi, autore molto amato da Miller, con due vignette centrali che forniscono un forte senso di verticalità alla tavola, affiancate da altre due scontornate, che invece offrono dinamismo e la rendono quasi compiuta, come un’illustrazione a se stante, piuttosto che inserita in un flusso narrativo.
Ronin #4
In Ronin Miller sperimentò l’utilizzo di una griglia ricorrente composta da 16 vignette (su quattro strisce) tutte di identiche dimensioni, che poi avrebbe riutilizzato in modo costante nelle opere successivi. Ma, parlando pagine con molteplici vignette, questa doppia pagina domina su tutte le altre, per il senso di dinamismo che comunica, con l’azione che si svolge nel giro di pochi attimi e l’eroe che quasi esce dalla tavola per venirci incontro.
The Dark Knight Returns #1
Questa tavola di The Dark Knight Returns propone la griglia a 16 vignette all’epoca molto amata dall’autore, a cui accennavamo poco fa. L’apparentemente rigida impostazione della pagina viene però infranta – in un gioco metanarrativo – dall’irruzione in scena attraverso la finestra del pipistrello, che, come il protagonista di Ronin, sembra venire verso di noi. La fascia inferiore chiude così in modo dirompente il leitmotiv della pagina, che propone un forte parallelo tra lo schema del layout e quello della vetrata che si proietta sul volto di Bruce Wayne.
The Dark Knight Returns #4
Oltre che nel saper gestire in modo magistrale la pagina, Miller sa dosare bene anche il ritmo della narrazione, che ama spezzare con delle splash page come questa, in cui il Cavaliere Oscuro diventa un vero e proprio cavaliere, in sella a un enorme cavallo nero graziato dagli inchiostri di Klaus Janson. A parte questo, la composizione della tavola comunica già tutto, con Batman e il suo cavallo che letteralmente sovrastano i mutati grazie al gioco prospettico e le poche didascalie contenenti efficaci frasi a effetto: «La discarica. E’ terreno fertile per insetti e roditori. Alcuni roditori volano.»
The Dark Knight Returns #4
Pur se con notevoli variazioni, tutto DKRè impostato sulla griglia a 16 vignette. In questo caso, le tre fasce superiori lasciano spazio allo scontro fisico tra Batman e Superman. All’epoca della pubblicazione, non si trattava del primo scontro tra i due, ma di certo fu il più dirompente, per la lunga attesa creata nelle pagine precedenti e per il forte impatto del calcio qui presente, che sembra davvero far male all’indistruttibile Uomo d’Acciaio. Intanto, il cuore di Bruce soffre, sia metaforicamente che letteralmente, come dimostra la rappresentazione grafica del suo battito cardiaco nella terza vignetta in basso – un gioco utilizzato spesso dall’autore, sia in precedenza che in seguito.
Elektra Lives Again
Tra la seconda metà degli anni Settanta e la prima degli Ottanta, negli Stati Uniti circolò molto fumetto europeo. Soprattutto Moebius e Philippe Druillet, grazie al successo di Métal Hurlant, ma in quegli anni Miller scoprì anche autori come i “nostri” Sergio Toppi – come visto anche in Ronin – e Gianni De Luca. E l’autore del Commissario Spada riaffiorò in modo parecchio evidente circa un decennio dopo, sulle pagine di Elektra Lives Again. Questa tavola omaggia De Luca in modo esplicito, con l’effetto teatrale dell’azione continua del protagonista su un unico sfondo, senza il bisogno di bordi che separino le vignette. La pagina, in particolare, ne ricorda molto una dell’adattamento a fumetti realizzata da De Luca per il Giornalino (e che trovate QUI).
Elektra Lives Again
Con Elektra Lives Again, Miller sembra aver voluto realizzare un vero manuale di narrazione a fumetti. Ogni pagina presenta qualche specifica particolare, ma questa, per composizione e senso del ritmo, rappresenta forse l’apice di tutto. La tavola è caratterizzata dalla contrapposizione tra la verticalità della vignetta di sinistra (in cui Matt Murdock sembra quasi sospeso in aria, nella sua leggiadra caduta) e la dilatazione dello spazio restante, con i muscoli in attesa di slancio nella parte superiore – in cui la velocità dell’azione è descritta dalla neve ancora rimasta a mezz’aria – e lo scatto in azione in quella inferiore.
Sin City: The Hard Goodbye
Certo, con Sin City Miller decise di optare per un bianco e nero molto accettato, in grado di caratterizzare al meglio un mondo pieno di ombre, ma l’effetto scenico di questa tavola è talmente potente da farla imprimere saldamente nella memoria. La composizione dei mattoni fa dilatare lo spazio quasi all’infinito, dando l’idea della lenta cadenza di Marv, ma comunica anche la solitudine del personaggio, solo contro tutti e compresso tra le sudicie mura delle città.
Sin City: The Hard Goodbye
Tra quelle scelte per questa selezione, questa è quella che forse richiede meno parole. Anzi, una: «Amen.»
Sin City: The Hard Goodbye
Nella prima miniserie di Sin City, Miller presentò alcuni degli stilemi che poi sarebbero diventati classici per il resto della serie. In questa tavola, in particolare, c’è da notare sia l’uso particolare delle didascalie, asportate dal disegno e riposte verticalmente di fianco a esso per evitare un brutto effetto posticcio (ma anche per scandire meglio il tempo di lettura, incentrato sui dialoghi interiori del personaggio), sia la figura sotto la pioggia, che emerge in negativo, come se Miller avesse steso la china sul foglio per poi grattarla via.
Sin City: A Dame to Kill For
Con Sin City, inoltre, Miller insistette ancora di più con l’esagerazione scenica, come dimostra questa pagina in cui la rappresentazione statica e quasi figurativa di un pugno nella prima vignetta produce invece un effetto devastante nella seconda. La predominanza del nero inoltre illustra la cupezza della situazione e dell’intera città che fa da sfondo.
300
Sfogliando le pagine di 300 – opera realizzata in orizzontale per dare un effetto cinemascope – questa pagina risulta essere tra le più significative, forse anche più di quelle in cui i trecento spartani, schierati e pronti per la battaglia, sembrano fondersi l’uno con l’altro. Perché qui c’è tutta l’essenza del senso della narrazione di Miller, unita a un disegno dal forte impatto scenico. In alto, Leonida e il lupo sono guardinghi, per una porzione di tempo che sembra molto lunga, mentre in basso l’azione scatta e si fa subito frenetica, tra vignette grandi e piccole che si alternano, box di testo che spuntano fuori in modo perfettamente calibrato e il presente che si alterna con il passato.
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